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SMART WORKING: QUAL E' LO STATO DELL'ARTE AD OGGI?

2024-10-22

Secondo i numeri dell'Osservatorio Smart Working nel 2023 sono 1,88 milioni le persone che hanno utilizzato il lavoro agile nella loro struttura aziendale all'interno di grandi imprese. In confronto al 2022, anno in cui lo smart working era presente nel 91% delle realtà, nel 2023 il lavoro agile è cresciuto ed è stato implementato nel 96% delle aziende. Anche per quanto riguarda le PMI, nel periodo della pandemia ad aver esteso questa modalità di lavoro era stato il 58% delle piccole e medie imprese. Tuttavia, nel 2021 e nel 2022 il dato è diminuito drasticamente per poi vedere nel 2023 un lieve aumento delle iniziative che contano oggi 570.000 smart worker, coinvolgendo il 56% delle organizzazioni.
Abbiamo affrontato questo tema con Laura Vanini, la nostra Consulente Senior HR di Biemme, che ha chiarito qual è la situazione ad oggi e gli aspetti più importanti da tenere in considerazione quando si fa riferimento alla possibilità del lavoro agile in azienda.
Smart working. Dopo i picchi della pandemia e una graduale riduzione negli ultimi due anni, nel 2023 i lavoratori da remoto nel nostro paese si assestano a 3,585 milioni (secondo l'edizione 2023 dell'Osservatorio Smart Working).

In base alla tua esperienza, come si relazionano i candidati oggi a questa tematica?

Personalmente trovo che oggi, tra i candidati, vi sia una grande eterogeneità di posizioni e "feeling" rispetto allo smart working. Tuttavia, un denominatore comune è il fatto di associare questo strumento a concetti quali opportunità, flessibilità e un migliore bilanciamento di vita privata e lavorativa. Nell'eterogeneità di posizioni vi sono coloro per i quali lo smart working è una condizione necessaria per rimanere in un'azienda o per cambiare lavoro ed altri per cui la sua importanza è marginale rispetto alla possibilità, data dal lavoro in presenza, di coltivare delle relazioni umane dirette, immediate e sentite come più vere ed efficaci. A questi diversi approcci è sicuramente interessante provare a correlare alcune caratteristiche personali e professionali ricorrenti (età, anzianità in azienda, residenza, profilo professionale, lavoro o meno per progetti). Questo dà l'opportunità alle aziende di comprendere e, perché no, provare a prevedere con "precisione sartoriale" le esigenze dei candidati target in merito a questo tema.

Hai notato un "ritorno" maggiore alla formula in presenza da parte delle aziende dopo il termine della pandemia o non hai riscontrato sostanziali differenze?

Sì, confermo che purtroppo, nelle aziende che seguo, ho notato questa inversione di rotta. Dico purtroppo non perché io sia una sostenitrice assoluta del "full remote" bensì perché credo che, così facendo, si rischi di perdere una grande opportunità.

Quali sono secondo il tuo punto di vista i vantaggi nell'utilizzare questa modalità di lavoro?

Ritengo che regolamentare lo smart working con una formula ibrida e renderlo realmente possibile - ma al contempo non obbligatorio - per i propri dipendenti possa essere un fattore critico di successo per qualsiasi tipo di organizzazione vista la crescente esigenza da parte delle persone di conciliare al meglio i ritmi ed impegni della propria vita privata con quelli della vita lavorativa e sentirsi sempre più padroni del proprio tempo. La formula ibrida e la discrezionalità nell'utilizzo da parte del singolo individuo, d'altra parte, credo possano aiutare a responsabilizzare maggiormente le persone nei confronti del lavoro. Di pari passo possono contribuire ad aumentare la soddisfazione delle persone, diminuirne lo stress e, quindi, incidere positivamente anche sulla produttività.

Quanto di quello che viene definito "smart working" è in realtà "lavoro da remoto" con vincoli legati all'orario?

Per la mia esperienza credo ci sia ancora tanto lavoro da remoto camuffato nelle vesti di smart working. A monte vi è sicuramente una difficoltà da parte di alcune direzioni aziendali di affrontare temi quali il controllo, la rigidità degli orari, la fiducia nei confronti dei propri collaboratori. I manager a volte hanno difficoltà ad affidare compiti precisi con obiettivi condivisi: è proprio questa "impasse" organizzativa a rendere lo smart working reale difficile da applicare in alcuni contesti. Di pari passo noto tuttavia altrettanta difficoltà, da parte di una fetta di lavoratori, di conquistarsi fiducia da parte dei manager, di saper gestire efficacemente il proprio tempo e lavorare per obiettivi, di essere a propria volta flessibili.

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La nostra consulenza di direzione è rivolta al miglioramento di organizzazioni aziendali.

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